Il muso della mucca, di un rosa imponente, si stagliava nitido sulla soglia della casa. Un improbabile spettatore appoggiato al muro avrebbe probabilmente notato la maniglia più inconsueta della città di Impulse. Quando Mark Karkiden, il proprietario della casa, vide il particolare subito pensò alla preziosa teca di cristallo contenente la coda del suo caro vecchio Adolfo, il boa. Riuscì a distrarre la mucca firmandole un pagherò di 300.000 lire. Quella, da buona massaia, prima di uscire volle annotare l’entrata sul libro contabile. Ciò le costò una penale del 4% e una cattiva pubblicità. Ancora tre anni dopo il fatto la gente, quando lei passava, abbassava gli occhi e faceva il segno della croce. Quella uncinata. Lui dovette lavorare tre settimane per pulire il disastro, perdendo così le qualificazioni per il torneo del WCDT (World Championship Dentist’s Technics), che si teneva per l’occasione nella vicina città di Perfum. Si era allenato duramente per tutto l’inverno, sacrificando ogni cosa per quella gara. Il termine ragazza lo lasciava totalmente indifferente, l’unica cosa importante era la difficilissima tecnica della installazione di una protesi con triplo salto mortale carpiato in avanti e con aggancio laterale. Era riuscito a installare la bellezza di 3.720 protesi senza il minimo segno di appannamento, record europeo. E ora gli rimaneva una sola possibilità, iscriversi al torneo regionale della città di Deo Odo Rant, la canaglia della regione di Broken Balls. Non avrebbe voluto farlo, sapeva fin troppo bene che dietro alla gara esisteva un enorme giro di scommesse clandestine, oltre a un fiorentissimo mercato nero delle carie. Ci sarebbero stati sicuramente dei problemi.

Visto il livello basso della competizione venne incluso nel tabellone del torneo come testa di serie numero due. Probabilmente in finale si sarebbe verificato l’ennesimo scontro tra lui e il campione locale Robo Naplitans, idolo della città. Sarebbe stato duro vincere, molto duro. Avrebbero cercato di sabotarlo, più per le scommesse che per campanilismo, ma i 3.000 dollari di premio lo avrebbero risollevato per un po’, protesi in oro, belle assistenti, un nuovo Adolfo per casa. Chi si intende un minimo di tornei per tecnici dentisti sa che molto difficilmente i pronostici non vengono rispettati, e fu così che la finale tra Robo Naplitans e Mark Karkiden ebbe luogo in una piovosa giornata di aprile. Il pubblico era composto da centoquattro anime, il che per un torneo satellite era già molto. Quando lui vide i componenti della giuria capì che avrebbe perso. Era costituita esclusivamente da donne, e una voce diceva che Naplitans era un incorreggibile ruba busti e altri indumenti intimi. Probabilmente il guardaroba di ognuno dei giurati era stato saccheggiato più di una volta. E con estremo piacere.
Mark si stava preparando con la solita professionalità quando la porta del suo camerino si spalancò con gran fragore.
“Gli autografi e le interviste dopo l’incontro per favore.”
“Gli autografi valli a fare a qualcun altro, pirla!”
Lui rabbrividì senza neanche aver bisogno di voltarsi. Quella voce era identica al rumore di un chiodo sı una lavagna. Cercò di non darlo a vedere e contrattaccò:
“Se io sono un pirla tı dovresti essere il mio paziente!”
Si voltò mentre stava pronunciando la risposta e lo vide, Casimiro Brambilla, il numero uno del Club degli Omogeneizzati, la mascella più sfuggente di tutto lo stato.
“Hai un bell’intuito per essere un dentista.”
“E non hai ancora visto la mia collezione di colpi di genio!”, concluse congedandolo.
Cercò, appellandosi al regolamento internazionale, di far sostituire il Brambilla, anche perché aveva saputo che il suo rivale si era scelto come collaboratore Noel Guache, la cui mascella non temeva il confronto neppure con la prua di un rompighiaccio artico. Gli bocciarono il ricorso, facendogli leggere il regolamento in vigore. Non solo la giuria aveva diritto di scelta sui collaboratori dei concorrenti, ma anche lo Ius Primae Noctis sui parenti prossimi e il diritto di decidere gli spostamenti domenicali degli amici più intimi.
“Questa volta non ho proprio una possibilità pensò, “solo contro tutti, manco fossi John Wayne…”
Era pronto a salire in pedana. Lo speaker stava presentando i due finalisti.
Finalmente faccia a faccia con il suo avversario: Robo Naplitans, vestito con un camice di seta azzurra distribuiva sorrisi a destra e a manca, e il pubblico fremeva per lui come un diabetico di fronte a uno zuccherificio, come un pastore tedesco di fronte a un impiegato postale calabro, come un cavallo di fronte a un allibratore clandestino, come un ebreo di fronte a un rivenditore Kraft, come un modello di fronte a un mare di palta, come Telly Savalas di fronte a Yul Brinner, come un pony di fronte ad una alana, l’atmosfera stava oltrepassando il limite di 50 miglia e il settimo grado della scala C, terzo piano, sulla destra entrando.
Quando lui salì sulla scena il fischio del pubblico coprì il rumore della nota Casa del Piacere, un albergo distante due sigarette dal Palazzo di Spot. Il suo sguardo vagava alla ricerca di un volto amico, ma incontrò invece quello del truce Deo Odo Rant, che stava bevendo un Old Musk & Gin e spandendo una nube tossica di boro e tacco sulla folla sottostante. Quegli occhi, freddi come un camino in pieno agosto alle Maldive, non promettevano niente di buono. Il suo braccio destro si accorse della situazione, e ordinò al braccio sinistro di fare il classico segno del condannato a morte sulla gola del braccio centrale.
“Che organizzazione”, pensò lui.
Salirono le assistenti. O per lo meno una assistente e la scopa di Amelia, la strega di Walt Disney. Lui capì subito che non ci sarebbe stata competizione.
“Ma perché quel cane continua a sbadigliarmi in faccia? Se continua così finirà per smascellarsi”. Gli occhi del cane stavano lanciando un messaggio disperato. Lui capì e si sporse per vederci chiaro. Si ritrovò immerso in una cava di torba. Sul molare di sinistra era inciso un messaggio:
“Robo Naplitans ha un punto debole, i suoi denti sono più finti dei Bronzi di Riace”.
“Questo pareggia la situazione, ma non copre il conto del bar” pensò lui. Ma quello che contava era che ora aveva in mano il suo avversario.
La tenzone ebbe inizio.
Naplitans, testa di cactus numero uno, installò la prima protesi in trentasei secondi netti, nuovo record personale e primato stagionale di Montepulciano e dintorni.
E lui era primatista europeo!
“Non posso perdere contro un simile avversario, non è in grado di impensierire un dentista militare, figuriamoci un vero professionale”. Prese una leggera rincorsa e si schiantò contro la sua scopa assistente. La gara era iniziata male. Spezzò la sua assistente e gettò i resti al pubblico. Scese un silenzio tombale. Ripartì, avventandosi sulla mascella del Brambilla. Aveva già finito l’installazione prima del terzo salto mortale. Quando atterrò si sentirono le dita dei suoi piedi sbattere le une contro le altre. Il tempo? Otto picosecondi e una manciata di semi di zucca.
Naplitans, cieco di furore, installò un ponte sul Nilo, quattro protesi agli incauti spettatori della prima fila e ferrò quattro lepri distratte. Il tutto a velocità subnormale. Pensava di aver vinto. Sorridente come sempre risalì sul ring e si fregò da solo.
Mark Karkiden non stava aspettando altro. Fulmineo come un divo infedele colto in flagrante assalì l’avversario, e prima che questi potesse dire “ah” gli estrasse la protesi e la buttò alla giuria. Poi, con un singolo carpiato indietro, gli appiccicò una protesi sponsorizzata Saffa, nota azienda di articoli per fumatori e non.
Fu l’apoteosi.
Il pubblico, perso ogni ritegno, consacrò la vittoria con grandi risate. La giuria non poté far altro che prendere atto del trionfo di Mark Karkiden e riscuotere i diritti sulla pubblicità della Saffa, a carico del Naplitans.
Una vittoria da antologia.

 

 

Immagini
Guantoni da boxe: “FreeImages.com/Jean Scheijen.”
Dentiera: “FreeImages.com/Tomasz A. Poszwa.