Le parole che, di punto in bianco diventano “famose”, di uso comune e quindi abusate, non mi sono mai piaciute.
Prima la vita ci ha chiesto, per meglio dire imposto, di essere performanti, termine di derivazione sportiva (per esempio quante volte lo abbiamo sentito usare per definire le prestazioni di una Formula 1?) che è diventata una sorta di dovere. Ogni azione, attività, prestazione dovevano raggiungere ottimi livelli. Una parola chiave che ci spronava a essere orientati alla massima competitività, seguendo i dettami del “mors tua vita mea”, un solo vincitore, gli altri a guardare.
Oggi invece la vita ci chiede, forse ci obbliga a essere resilienti, di essere capaci “di fare fronte in maniera positiva ad eventi traumatici, di riorganizzare positivamente la nostra vita dinanzi alle difficoltà, di ricostruirci restando sensibili alle opportunità positive che la vita offre”. E di farlo in nome di una coesione sociale, di una comunità di intenti e di valori. Un bel salto di qualità direi, un modo “etico” di affrontare la realtà.
Ma sarà vero?
Io penso, molto più prosaicamente, che oggi più che mai la filosofia imperante sia quella fissata da Eduardo in Napoli Milionaria: addà a passà ‘a nuttata, altra espressione oggi decisamente straabusata.
Ma almeno, questa volta, la fonte è di livello!
Staremo a vedere.